Alfredo Jaar (Santiago, Chile, 1956) vive e lavora a New York. Artista, architetto e film maker, Jaar si forma durante la dittatura militare di Pinochet, producendo diverse opere esplicitamente critiche rispetto del regime. Dagli anni Ottanta ha sviluppato un ampio corpus di lavori fotografici, cinematografici e installazioni. Nei suoi progetti, Jaar esplora la desensibilizzazione del pubblico alle immagini dei media e i limiti dell'arte nel rappresentare eventi storici tra cui genocidi, epidemie e carestie. Nell’arco del suo percorso Jaar si interroga instancabilmente su come l’arte possa interagire in maniera più ampia con il contesto sociale e politico; affronta temi legati in molti casi a situazioni di urgenza umanitaria, di oppressione politica e di emarginazione sociale. Si focalizza in particolare sulla manipolazione dei media nel trasmettere informazioni e su eventi che il grande pubblico tende ignorare. L’obbiettivo di Jaar è quello di dare una voce e un volto alle vittime e ai testimoni.
Tra le mostre personali di Jaar: Musée Cantonal des Beaux-Arts, Losanna (2007); Pirelli HangarBicocca, Milano (2008); e una retrospettiva in tre istituzioni di Berlino: Berlinische Galerie, Neue Gesellschaft für Bildende Kunst e Alte Nationalgalerie (2012). Ha partecipato alla Biennale di Venezia (1986, 2007, 2009, 2013), Biennale di São Paulo (1987, 1989, 2010, 2020) e Documenta, Kassel (1987, 2002). Jaar ha realizzato più di settanta interventi pubblici in tutto il mondo. Sono state pubblicate oltre sessanta monografie sul suo lavoro. Jaar è diventato Guggenheim Fellow nel 1985 e MacArthur Fellow nel 2000. Ha ricevuto l'Hiroshima Art Prize nel 2018 e l'Hasselblad Award nel 2020.